IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. reg. gen. 6661/95, proposto dal sig. Krifa Mohamed Taoufik, rappresentato e difeso dal dott. proc. Rinaldo Occhipinti, unitamente al quale elegge domicilio presso lo studio dell'avv. Corrado Garofalo in Catania, via M.se di Ventimiglia n. 288; contro la prefettura della provincia di Ragusa in persona del prefetto pro-tempore ed il Ministero dell'interno in persona del Ministro pro-tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale in Catania, via Vecchia Ognina n. 149; Per l'annullamento, previa sospensione: 1) del decreto di espulsione dal territorio dello Stato emesso dal prefetto della provincia di Ragusa in data 4 dicembre 1995 con il quale il ricorrente e' stato espulso dal territorio dello Stato Italiano; 2) del decreto di revoca del permesso di soggiorno n. A343651 rilasciato il 10 dicembre 1993 e valido fino al 30 novembre 1995, adottato dal questore della provincia di Ragusa il 4 dicembre 1995 e notificato in pari data; Visti gli atti depositati dal ricorrente; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il referendario avv. Carlo Modica; Uditi nella camera di consiglio del 15 gennaio 1996 il dott. proc. Rinaldo Occhipinti per il ricorrente; e l'Avvocato dello Stato Attilio Barbieri per le amministrazioni resistenti. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato il 6 dicembre 1995, e depositato l'11 dicembre 1995, il sig. Krifa Mohamed Taoufik ha impugnato il decreto di revoca del permesso di soggiorno (illo tempore rilasciatogli) ed il decreto di espulsione emessi nei suoi confronti rispettivamente dal prefetto e dal questore della provincia di Ragusa il 4 dicembre 1995 e notificatigli in pari data. Nel chiedere l'annullamento, per le conseguenti statuizioni e con vittoria di spesa, lamenta: 1) nullita' assoluta dei provvedimenti impugnati per violazione dell'art. 7-sexies n. 3 del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489, deducendo che lo stesso gli e' stato notificato in lingua a lui sconosciuta e senza traduzione in lingua francese, inglese o spagnola; 2) violazione, sotto altro profilo, dell'art. 7-sexies n. 9 del decreto-legge n. 489 del 18 novembre 1995, deducendo di essere regolarmente residente in Italia da piu' di cinque anni; 3) violazione, sotto ulteriore profilo, dell'art. 7-sexies del gia' citato decreto-legge n. 489 del 18 novembre 1995, deducendo che lo straniero nei confronti del quale e' applicata la pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dagli artt. 380 e 381 dello stesso codice, puo' essere espulso semprecche' risulti socialmente pericoloso, circostanza - quest'ultima - non sussistente nella fattispecie dedotta in giudizio; 4) violazione dell'art. 7 decreto-legge n. 489/1990 in relazione agli artt. 380 e 381 c.p.p., deducendo che la condanna per il reato di furto, purche' "non aggravato", non comporta l'automatica espulsione; 5) illegittimita' del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per violazione dell'art. 4 del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489 e dell'art. 4, comma 12, della legge 28 febbraio 1990 in relazione alla violazione dell'art. 7 n. 1 del decreto-legge n. 489/1995, nonche' difetto assoluto di motivazione, deducendo che: il permesso di soggiorno puo' essere rifiutato solamente se non sussistono le condizioni ed i requisiti di legge ed ove ostino motivate ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato e all'ordine pubblico o di carattere sanitario, circostanze non ricorrenti nella fattispecie dedotta; in sede di procedimento volto al rinnovo (o al diniego di rinnovo) del precedente permesso di soggiorno, il questore avrebbe dovuto acquisire il parere del sindaco; che comunque dal provvedimento non si evincono le ragioni ne' l'iter logico che ha condotto alla sua adozione. Con lo stesso gravame il ricorrente ha chiesto la sospensione del provvedimento impugnato lamentando che la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione gli arrecano un danno gravissimo ed irreparabile. Alla camera di consiglio del 15 gennaio 1996, fissata per la trattazione della domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato proposta dal ricorrente in seno al ricorso, le intimate Amministrazioni si sono costituite in giudizio depositando copia del ricorso notificato e spiegando difese orali. Con ordinanza n. 236 del 16 gennaio 1996 (depositata il 30 gennaio 1996), la III Sezione di questo tribunale amministrativo regionale, avendo ritenuto, ad un primo esame, che il ricorso e' assistito da sufficiente fumus boni juris, e che dall'esecuzione dei provvedimenti impugnati deriverebbe al ricorrente un danno grave ed irreparabile; ed avendo altresi' deciso di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7-quinquies, comma 5, del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489 (nella parte in cui assegna termini abnormemente brevi per la notifica ed il deposito del ricorso), ha - in conseguenza - temporaneamente accolto l'istanza di sospensiva avanzata dall'interessato rinviando l'ulteriore e definitiva trattazione della domanda cautelare alla prima camera di consiglio utile dopo la restituzione degli atti del giudizio da parte della Corte costituzionale. D i r i t t o 1. - Con il ricorso indicato in epigrafe il ricorrente ha impugnato i decreti di revoca del permesso di soggiorno e di espulsione dal territorio nazionale emessi rispettivamente dal prefetto e dal questore della provincia di Ragusa. Il ricorso notificato e' stato depositato presso la segreteria della competente sezione di questo tribunale amministrativo regionale tardivamente, e cioe' oltre il termine perentorio di tre giorni dall'avvenuta notifica prescritto dall'art. 7-quinquies, comma 5, del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489. Ritenendo che tale norma - nella parte in cui ha introdotto termini processuali abnormemente brevi (e anomalmente differenti da quelli ordinari) tanto per la notifica che per il deposito del ricorso giurisdizionale - sia costituzionalmente illegittima, il collegio ha deciso di sollevare la relativa questione innanzi alla competente Corte costituzionale. Contestualmente, considerato che il ricorso appare assistito da sufficiente fumus boni juris e che l'esecuzione dei provvedimenti impugnati avrebbe provocato al ricorrente un danno grave ed irreparabile, il collegio ha temporaneamente accolto l'istanza di sospensione avanzata da quest'ultimo, rinviando la prosecuzione del processo alla prima camera di consiglio utile successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale (in seguito alla decisione relativa alla legittimita' costituzionale della norma censurata). Conseguentemente non resta al collegio che disporre la trasmissione degli atti di causa alla Corte costituzionale, previa esposizione delle ragioni per le quali ad avviso dello stesso la questione di costituzionialita' e' da ritenere rilevante ai fini della decisione del ricorso e non manifestamente infondata. 2. - Va al riguardo premesso che ad avviso del collegio l'art. 7-quinquies, comma 5, del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489, e' costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 2, 24, commi primo e secondo, e 113, comma primo, della Costituzione, tanto se considerati autonomamente, quanto se interpretati sistematicamente (e cioe' in combinato disposto ed in reciproca interrelazione). 3. - Quanto alla rilevanza della questione di costituzionalita' ai fini della decisione della causa, essa e' evidente. Ove infatti la norma in esame non fosse ritenuta costituzionalmente illegittima ed eliminata dall'ordinamento, il giudice amministrativo dovrebbe tenerne conto e, conseguentemente, dichiarare il ricorso irricevibile per tardivo deposito dello stesso. Appare evidente, pertanto, come la questione della costituzionalita' della norma, ponendosi come pregiudiziale a quella di merito, sia necessariamente rilevante ai fini del decidere. 4. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, la norma appare costituzionalmente illegittima, come gia' cennato, sotto vari autonomi profili. 4.1. - Violazione dell'art. 2 della Costituzione. L'art. 2 della Costituzione stabilisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. Tra di essi, nella tradizione giuridica della democrazie occidentali (cui, com'e' stato rilevato in dottrina, la norma fa implicito rinvio), rientrano certamente il "diritto al giusto processo" ed il "diritto alla effettivita' della difesa", entrambi aspetti di una medesima esigenza normativo-giustiziale oltreche' etico-sociale. Senonche' la norma censurata concede al soggetto extracomunitario che sia stato colpito da decreto di espulsione solamente sette giorni per l'impugnativa del provvedimento (dallo stesso ritenuto illegittimo), e solamente tre giorni per il deposito, presso la competente segreteria, del ricorso notificato (recte: del c.d. "duplo" del ricorso notificato con la rlata apposta in calce). Ora, appare evidente come la norma esaminata finisca per menomare - se non proprio per pregiudicare - la garanzia dei diritti al giusto processo ed alla effettivita' della difesa, accordata (ed imposta) dall'art. 2 della Costituzione. E' infatti evidente che termini si' brevi - invero assolutamente anomali nell'ordinamento in relazione a fatti processuali - finsicano per ostacolare la concreta possibilita' di difesa, soprattutto nei casi in cui il soggetto colpito dal provvedimento di espulsione non conosca la lingua italiana e si trovi in localita' ove non esistono studi legali (specializzati in diritto amministrativo); o comunque in localita' che non sia sede di tribunale amministativo regionale, ove pertanto la notifica del ricorso nei confronti della competente Avvocatura distrettuale dello Stato - notifica che, com'e' noto, deve avvenire mediante l'ufficio notifiche operante nel luogo ove viene incardinato il processo - non si presenti affatto agevole. Dalla assoluta inadeguatezza del termine per la notifica deriva, poi, la conseguente incongruita' del termine di deposito del ricorso notificato, termine anch'esso eccessivamente breve in quanto modellato sulla brevita' del primo. In ogni caso anche la brevita' del termine accordato per il deposito del ricorso notificato ostacola oltremodo l'esercizioa del diritto di difesa. E' infatti evidente come, al fine di evitare la scadenza dello stesso, occorrerebbe recarsi praticamente ogni due giorni (e non gia' ogni tre giorni, posto che tanto gli uffici notifiche quanto le segreterie dei tribunali amministrativi regionali chiudono alla medesima ora) presso il competente ufficio notifiche per accertarsi se il ricorso notificato (recte: il c.d. duplo del ricorso notificato), sia "tornato" e se possa dunque essere ritirato per essere finalmente depositato. Il che crea indubbie (ed ingiustificabili) difficolta' tanto ai ricorrenti quanto ai loro procuratori, aumentando oltre modo oneri e costi dell'attivita' difensiva; ed intralciando, in concreto, l'effettivo esercizio della stessa. 4.2. - Violazione dell'art. 24, commi primo e secondo, della Costituzione. Per analoghe ragioni la norma censurata viola anche l'art. 24, commi primo e secondo, della Costituzione, il quale garantisce che tutti debbano poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, stabilendo altresi' che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Appare evidente come la censurata norma aggravando l'esercizio dei diritti d'azione e di difesa oltre (o comunque ai limiti di) ogni ragionevole possibilita', finisca per ostacolare la tutela giurisdizionale degli extracomunitari nei confronti della p.a. 4.3. - Violazione dell'art. 113, comma primo, della Costituzione. Per identiche ragioni la norma si appalesa - infine - in contrasto anche con l'art. 113, comma primo, della Costituzione, il quale recita che contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria o amministrativa. Si provi ad immaginare al riguardo quale possa essere il tipo di tutela concretamente accordato, mediante la censurata norma, ad un cittadino extracomunitario che venisse colpito da decreto di espulsione mentre si trova in un'isola (si pensi, ad esempio, a Pantelleria o a Lampedusa) o in un qualsiasi altro luogo appartenente si' al territorio della Repubblica ma estremamente lontano dal ... piu' vicino studio legale e dal piu' vicino e competente ufficio notifiche. E' evidente come in tali casi l'impugnativa entro sette giorni divenga impossibile (ed oltremodo arduo il deposito entro i successivi tre), con palese violazione del principio di tutela sancito dalla Costituzione. 4.4. - Violazione del combinato disposto degli artt. 2, 24, commi primo e secondo, e 113, comma primo, della Costituzione. La norma censurata si appalesa vieppiu' illegittima ove si acceda ad un'interpretazione sistematica della Costituzione, che comporta la lettura in combinato disposto ed in reciproca interrelazione di tutte le norme costituzionali sopra autonomamente esaminate. 5. - In considerazione delle superiori osservazioni, a norma dell'art. 23, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione incidentale di costituzionalita' di cui trattasi, disponendosi conseguentemente la sospensione del giudizio cautelare instaurato con il ricorso in esame.